The Dimes

Ho già avuto modo di magnificare le lodi dei Dimes, quintetto indie pop di Portland. Torno ora ad occuparmi della band per segnalare l’uscita di un nuovo EP, “New England”, disponibile qui solo in formato digitale e al prezzo di 5 dollari.
Fatta eccezione per il pop sbarazzino di “The Liberator”, le nuove canzoni hanno un impatto meno immediato rispetto a quelle di “The Silent Generation”, album d’esordio dei Dimes, ma risultano ancor più coinvolgenti ed emozionanti. E’ impossibile, infatti, resistere al fascino di una ballata malinconica come “Ballad Of Winslow Homer” o di un brano come “Clara”, così vicino alle migliori produzioni del duo Simon & Garfunkel.
Vi ritroverete ad ascoltare ripetutamente questi brani, veri e propri racconti che hanno per protagonisti persone realmente esistenti, che hanno vissuto nella zona degli Stati Uniti richiamata nel titolo dell’EP.

MP3 The DimesBallad Of Winslow Homer

MP3 The DimesCelia’s Garden (demo – non presente nell’EP)

MySpace: The Dimes

The Dimes

Squares On Both Sides

Pacato e indolente persino nei suoi ritmi di produzione artistica, il tedesco Daniel Bürkner, aka Squares On Both Sides, darà a breve alle stampe il suo terzo lavoro “Indication”, stavolta a cura della benemerita Own Records, etichetta sempre prodiga di stimoli interessanti.
A quattro anni dal precedente “Dunaj” e a cinque dall’esordio “Croquet”, Bürkner torna e regalare ritratti in seppia della sua malinconia da cameretta, realizzando in completa solitudine tenui bozzetti dalle cadenze rallentate, pennellati da chitarra e pianoforte e adorni soltanto di un’elettronica esile, discreta e – appunto – casalinga.
“Indietronica”? “Folktronica”? “Slow-core”? “Bedroom pop”? Che si sbizzarriscano pure con le etichette coloro che si divertono ad operare categorizzazioni. Agli altri resteranno invece melodie fragili, sovente concentrate in canzoni gradualmente definite, e una sensazione di trasognata malinconia, di quelle capaci di cristallizzare il grigio invernale rendendolo tanto dolce da far venir voglia di custodirlo gelosamente per attingervi quando sarà ormai un ricordo.

MP3 Squares On Both SidesForehead And Chin

MP3 Squares On Both SidesKitsune


MySpaceSquares On Both Sides
WebsiteSquares On Both Sides

Vessels

L’esordio, omonimo, era del 2006. Ancora prima si chiamavano A Day Left, in bilico fra indie e certo classicismo-post modello Aereogramme. Quindi, come accennato, il passaggio alla ragione sociale Vessels, con quattro protagonisti ed un’impostazione dove la contaminazione sa rendersi incontaminata.
C’è tanto nella band di Leeds: la malinconia a stretto confine con ipotesi narcolettiche, amanti tanto delle macchine (in bassa fedeltà) quanto della strumentazione classica, il culto della reiterazione, la frenesia che sa rendersi emozionale e violenta. Ma anche un curioso approccio folk-autorale nella scrittura. Il loro “White Fields And Open Devices” è l’assenza più clamorosa nella mia classifica del 2008. Me ne pento ancora.

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Website: Vessels

Hey Marseilles

Esistono gruppi capaci di distinguersi e caratterizzarsi anche in generi molto battuti. Gli Hey Marseilles stanno monopolizzando i miei ascolti, tra le tante uscite che ripescano e rielaborano la musica folk.
L’anno appena trascorso ha visto in testa a moltissime playlist i Fleet Foxes e, anche su queste pagine, si sono segnalati molti gruppi di valore catalogabili come indie folk.
Gli Hey Marseilles arrivano da Seattle, sono in sette, non hanno il barbone ascetico e fanno canzoni splendide.
“To Travels & Trunks” si apre con le suggestive note di pianoforte di Marseilles: in un film ci sarebbe qualcuno che chiude una valigia e parte. Nel disco, la malinconia del distacco si alterna a momenti di esplosione circense e il tutto è ben calibrato.
La voce mi ricorda Mr. Stipe in alcune sfumature, ma gode comunque di una personalità forte. Ottimi gli arrangiamenti e mai eccessivi, nonostante gli strumenti a disposizione siano moltissimi, tra chitarre, archi, fisarmoniche e pianoforti.

MP3 Hey MarseillesCannonballs

MP3 Hey MarseillesFrom A Terrace


MySpace: Hey Marseilles
Website: Hey Marseilles

hey marseilles

The Deep Dark Woods

Ascolto un brano trasmesso da una radio canadese e rimango profondamente colpito. Cerco informazioni sul gruppo autore di quella canzone, vado su myspace e nel giro di cinque minuti mi ritrovo su iTunes per acquistare tutti gli album pubblicati dalla band in questione.
E’ sbocciato così il mio amore per i Deep Dark Woods, band proveniente da Saskatoon (Canada), ma con l’anima e il cuore immersi nel profondo sud degli Stati Uniti. Suonano dell’ottimo country-folk con uno spirito che, seppur rispettoso della tradizione e ancorato alle radici, appare moderno, fresco e soprattutto sincero.
Hanno già pubblicato due album, uno omonimo nel 2006 e “Hang Me, Oh Hang Me” nel 2007.
Il nuovo album, “Winter Hours” (Black Hen Music) è in uscita il 17 febbraio e “All The Money I Had Is Gone” è il primo, meraviglioso, singolo tratto da esso.

MP3 The Deep Dark WoodsAll The Money I Had Is Gone
MySpace: The Deep Dark Woods

The Deep Dark Woods

Entertainment For The Braindead

Entertainment For the Braindead è il nome d’arte della giovanissima artista folk tedesca Julia Kotowski. Le sue canzoni acustiche, delicate e fragili sono davvero emozionanti. Mi ricordano tanto le migliori cose di Tara Jane O’Neil e, per il sottoscritto, non potrebbe esserci complimento migliore.
L’EP d’esordio di Entertainment For The Braindead (contenente 10 brani), intitolato “Hydrophobia”, è disponibile gratuitamente in rete, grazie alla cooperazione di due netlabels, aaahh records and aerotone. Fatelo vostro cliccando qui .

MP3 Entertainment For The Braindead Colours

MP3 Entertainment For The Braindead A Trace


MySpace: Entertainment For The Braindead
Website: Entertainment For The Braindead

Sparky Deathcap

Sparky Deathcap è il progetto di Robert Taylor, un giovanissimo cartoonist ed artista proveniente da Manchester. Grande fan di Daniel Johnston, della cui band dal vivo ha fatto anche parte, Robert impara a suonare a 13 anni e registra i propri brani su cassette, che poi regala ai compagni di scuola.
Trasferitosi a York per studiare letteratura inglese all’università, Robert inizia ad esibirsi dal vivo come Sparky Deathcap. Egli spiega così la scelta del nome d’arte: “Sparky era il nome che avevo dato alla mia bicicletta e Deathcap mi sembrava un bel cognome gotico, con vaghe connotazione psichedeliche e acid folk”.
Dopo aver lasciato York ed essere tornato a Manchester Robert suona sporadicamente ed è sul punto di abbandonare l’attività musicale. Ma una data di supporto ai Panda Bear risulta decisiva per fargli cambiare idea: Noah Lennox (Animal Collective/Panda Bear) incoraggia Robert a proseguire e a prendere seriamente in considerazione l’idea di dare al progetto musicale una maggiore stabilità e continuità.
Grazie al fiuto di Noah Lennox abbiamo, dunque, la possibilità di scoprire un artista, ora residente a Londra, che ha un grande futuro davanti a sè. Mi spingo fino al punto di scrivere che Sparky Deathcap sarà uno dei miei prossimi eroi indie folktronici; anzi, con la voce baritonale à la Bill Callahan che si ritrova, con i suoi testi ironici e dissacranti e con il suo humour tutto inglese (anche nelle vignette di cui è autore) Sparky Deathcap mi ha già definitivamente conquistato.
Il prossimo aprile uscirà l’album di debutto di Sparky Deathcap, intitolato “Tear Jerky”. Sono pronto a scommettere che si tratterà di una delle sorprese dell’anno. Nel frattempo potete scaricare lo splendido brano “Berlin Syndrome”, che Robert mi ha concesso in esclusiva.

MP3 Sparky Deathcap Berlin Syndrome *in esclusiva su HDAHA per gentile concessione di Sparky Deathcap*
MySpace: Sparky Deathcap

Sparky dEATHCAP

Saeta

Scrivere dei Saeta è difficile. Perché già in partenza è evidente che certa musica inietta nelle vene un romanticismo attitudinale (drammatico? Malinconico? Necessario, senza ipotesi di dubbio). E si è consapevoli dell’assenza di qualsiasi antidoto al virus. Quindi, almeno per quanto mi riguarda, l’incipit è ostico. Se non impossibile. E tanto vale, allora, rinunciarvi.
Dunque – fatta concreta la premessa- siamo a “Else Another Light Might Go Out”. Successore di quel “We Are Waiting All For Hope” che, mi perdoneranno Giuseppe e Francesco, ha toccato vette di tale emozionalità che pare arduo possano essere raggiunte in futuro, pur parlando di un’etichetta immersa – per scelta vivaddio- nell’alta qualità (e allora, magari, riusciranno pure a superarle. Non sappiamo come, ma ci fidiamo dei responsabili). Dicevamo, comunque, di “We Are Waiting All For Hope”: disco meraviglioso (ripetiamo: meraviglioso), esaltato da un approccio live insperato (e scrivo come fossi alla vita in diretta. Nel dettaglio: Zuni, Ferrara, una domenica di Maggio. Seduto, commosso, contento. E pure sorpreso, perché un po’ diffidente lo sono sempre. E quando sbaglio godo. Soprattutto quando bastava fidarsi dell’ascolto).
Allora, torno indietro per andare avanti, arriva il nuovo album dei Saeta. Auspicato ed atteso. Uscito infine per Tarnished Records, di cui poco conosco, ma del buon gusto non dubito. Ecco, allora, un classicismo pop-autorale oggi introvabile, se non qui, dove Matt, Lesli e Bob hanno scoperto il centro preciso della circonferenza emotiva. Attraverso crescendo assidui, con quei rintocchi indispensabili quanto la profondità dell’apporto vocale e la sostanza di un violoncello intransigente nel reggere le palpitanti fondamenta della musica. Che è sensuale ed erotica, violenta ed intima, incessante e riflessiva. Come nella miglior scuola slow core, direi per simpatia, ma senza alcun intellettualismo gratuito, cercando nella circolarità l’impatto e non viceversa. E sfogandosi con impeto, senza per questo rinunciare ad un approccio non certo minimale in senso assoluto, eppure scarno nell’essenza e nella pragmaticità. Delicata, carezzevole ed accogliente. Anche quando aspra nelle viscere. Basterà ascoltare, in anteprima, quel capolavoro di “Can’t Imagine The World Without You” per comprenderlo.
E lo ammetto, pensare che a Giuseppe abbiano dedicato una canzone (la bella e rappresentativa “Shine”) un po’ di invidia me la mette. Ma anche no, perché mai regalo fu più giusto. E meritato.

MP3 SaetaCan’t Imagine The World Without You *in anteprima esclusiva su HDAHA per gentile concessione dei Saeta*

MySpace: Saeta
Website: Saeta

saeta

HDAHA vs Matthew Milia (Frontier Ruckus)

I’ve played Frontier Ruckus‘ debut album “The Orion Songbook” to death, it was my most favourite record of the year 2008 after all!
When a band comes out of nowhere, steps into my life and makes my days worth living I want to know everything about that band, so I sent some questions to Frontier Ruckus. Singer and guitarist Matthew Milia kindly answered.

When was your band born and why?

Frontier Ruckus began as just David Winston Jones and myself, while we were around the tender age of sixteen. Dave and I both attended an all-male Catholic high school in the suburbs outside of Detroit, Michigan. Directly next door to our school was an all-female Catholic high school separated by what they called “the moat.” We met when we both enrolled in Drama class, as it was one of the two courses offered that boys could take over with the girls (the other was German, which Dave also took–shows you where his interest lies). Anyway, Dave had been playing the banjo since he was a little kid, and when he started bringing it around during play rehearsals I was just totally fixated on it. We would just sit in the wings and play traditional bluegrass songs, which no one else really understood. I think that esotericism, at the time, encouraged us all the more. I started my attempts at writing typical bluegrass songs about women and rambling and other shit I had no experience with until eventually I kind of came into my own and began writing about memory and the physical space of which I had actually become an extension–Orion Town.

What was your first musical instrument and where did you get it?

My first musical instrument was the acoustic guitar that I still play today–my dad’s jumbo 1970s Epiphone. A guy sold it to my dad back then while he was the caretaker on some wealthy estate where they used to have parties in the service quarters. The guy that sold it has since looked me up. It’s a good old guitar.

Do you download music or buy hard copies? Or both?

I hardly ever obtain new music in any form. I probably get really into one or two new albums a year and listen to them nonstop. If I do buy something it’s usually a vinyl record. I’m trying to collect some good old country albums with that classic golden pedal steel sound.

Favourite music venue to play and why?

So far our best shows have probably been at the Union Ballroom on the campus at Michigan State University. We released The Orion Songbook there and it was kind of a culmination. A climax of sorts.

Last book read:

Winesburg, Ohio –A singular world of psychic locales where people are physical extensions of the space they inhabit; a world I can really relate to and fetishize and fantasize myself inhabiting.

Last movie watched:

Noises Off! –A slapstick classic from my girlfriend’s childhood that she had me watch. I like Michael Caine’s somewhat bumbling demeanor, particularly in Hannah and Her Sisters.

5 resons why we should listen to The Orion Songbook

-It is the only thing in existence thus far that gets close to expressing the interiority of Matthew Christopher Milia–an individual who lived in Oakland County, Michigan from 1985– and obsessed greatly over his area’s geographical, topographical, pyschological, economical, emotional, familial, existential and possibly spiritual connections–if that should at all interest you.

-It is the natural sound of consummate musicians playing in one room at the same time.

-It makes it so Jim Roll, Zach Nichols, Ryan Etzcorn, and David Jones didn’t smoke so many cigarettes in vain.

-It may remind you of something in your Orion Town.

-The spaces and connections which spurred the songs are strange, large, and overflowing containers deserving of mythology.

Best moment on tour?

Once in Dayton, Ohio we were hanging out with our friends from Southeast Engine and I snowboarded down the front lawn of the mansion where one of the Wright brothers, I think Orville, used to live. We also went to the highest point in Dayton which is a cemetary and saw a large possum milling about and weaving through the tombstones.

If you could play anywhere in the world, where would it be?

Italy! See you this summer..

Favourite band/singer/album you discovered recently?

Like I said, I don’t take in much new music, but I recently had a long train ride and really enjoyed me some Phosphorescent.

MP3 Frontier RuckusThe Tower (demo) *in esclusiva su HDAHA per gentile concessione dei Frontier Ruckus*

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