Quando un caro amico ti ospita nel suo adorato blog chiedendoti di esprimere le tue preferenze in fatto di uscite discografiche, per quanto riguarda il 2008 che ormai volge al termine, è impossibile tirarsi indietro. E’ un gioco, ma anche un bel modo di ripercorrere con la mente un altro anno ricco di ascolti, che come sempre qualcosa dentro di importante ti hanno lasciato. E allora eccola l’agognata classifica del 2008: con l’augurio che il 2009 sia foriero di altrettante soddisfazioni. Ma sono sicuro che il mio “pusher” preferito, Giuseppe, sarà in grado di assecondare questa ormai incurabile “addiction”.
Ci sono cascato anche questa volta: leggendo le classifiche di fine anno in giro per la blogosfera mi sono imbattuto in un gruppo per il quale è scattato un amore istantaneo e incondizionato. E’ una tradizione ed è stata rispettata anche quest’anno, grazie ai Feral Children. Fino a pochi giorni fa ignoravo completamente l’esistenza di questa band proveniente da Seattle, adesso il loro album di debutto “Second To The Last Frontier” (Sarathan Records), prodotto da Scott Colburn (Animal Collective, Arcade Fire), è oggetto di ascolti compulsivi.
Presto spiegato il motivo: i Feral Children suonano un indie rock nervoso e sincopato, fatto di chitarre graffianti, tastiere distorte e ritmi ossessivi (la doppia batteria gioca un ruolo determinante), hanno mandato a memoria le lezioni impartite dai primi Modest Mouse, dagli Arcade Fire e dai Tv On The Radio e hanno il pregio di saper sfornare melodie orecchiabili e ritornelli indimenticabili.
“Second To The Last Frontier” è un disco davvero riuscito e coinvolgente, mi piacerebbe ora vedere i Feral Children dal vivo, saranno senza dubbio esplosivi!
Dal sito della Sarathan Records è possibile scaricare gratuitamente un E.P., contenente quattro brani presenti nell’album.
Da queste parti l’Australia è sempre stata guardata con un occhio di riguardo, non tanto per i presunti fenomeni legati (o slegati) all’indi-e-pendenza di basso consumo, quanto all’effettiva qualità di proposte d’alto valore. Attendendo il nuovo anno ne buttiamo altre due, frenetiche da una parte (I Heart Hiroshima) e tendenti ad un impatto maggiormente emozionale dall’altra (Arrows). Entrambe interessanti.
Con la crisi finanziaria in atto, il dibattito sulla corruzione e la questione morale, l’inesorabile sensazione che al massimo tutto possa cambiare perché non cambi nulla, non sono davvero molti i motivi d’affezione nei confronti dei nostri politicanti e dei nostri amministratori pubblici. E allora, se una volta tanto, abbiamo l’occasione di parlarne bene, facciamolo! Sì, perché quest’anno, continuando una piccola tradizione cominciata qualche anno fa, la Provincia di Milano ha fatto davvero un bellissimo regalo di Natale a tutti gli appassionati di musica. Ben tre concerti del grandissimo Bonnie “Prince” Billy, completamente gratuiti (o ad offerta libera), in altrettante chiese dell’Hinterland milanese. Tre serate davvero magiche, tra l’altro approcciate dal principino in maniera piuttosto differente, con netti cambi di scaletta e d’atmosfera da un concerto a quell’altro. Il primo show si è svolto nella bella chiesa della Sacra Famiglia a Rogoredo; forse perché un pò intimoriti dall’ambiente e dall’inusuale location, Bonnie e i suoi due compagni (il chitarrista Emmett Kelly e la violinista Cheyenne Mize), hanno proposto una scaletta fortemente legata a temi religiosi, col recupero di alcuni vecchi traditional e di qualche folk tune ammantata di spiritualità. Non sono certo mancati i suoi pezzi – una bella Pushkin ad esempio – ma il feeling è stato per l’appunto quello di un concerto molto a tema. La sera dopo, nella chiesa di San Gervaso e Protaso di Novate Milanese – forse tra i tre concerti il migliore, per intensità emotiva, scaletta e per un suono veramente da brividi – le cose sono un pò cambiate, allargando lo spettro tematico, così tanto da arrivare a scandagliare anche il lato oscuro dell’uomo, attraverso delle versioni spaccacuore di Death To Everyone o della eterna I See A Darkness. Inevitabile che l’ultima notte, nella chiesa di San Martino a Grezzago, fosse quella più rilassata e leggera, con Willaccio – così si è auto presentato al pubblico – scherzoso, chiacchierone (in un ottimo italiano!!) e assai brillante. Un paio di piccole note per concludere: tra le nuove canzoni presentate, è spiccata sulle altre The Champion, un pezzo corale e sentitissimo che è stato ogni sera tra gli highlight dello show, con le voci dei tre a svettare verso il cielo e le corde delle chitarre e del violino ad intrecciarsi in un inestricabile abbraccio sotto. Ed infine, impagabile la visione di un pubblico che mescolava i soliti appassionati agli anziani parrocchiani delle varie chiese, molto spesso anche loro entusiasti della musica e dell’arte di questo poeta.
Bonnie “Prince” Billy a Grezzago (foto: Lino Brunetti)
Gli Xylos sono un quintetto folk pop preveniente da Brooklyn, N.Y. e recentemente hanno pubblicato un E.P., intitolato “Bedrooms”, scaricabile gratuitamente dal loro sito ufficiale.
L’esordio discografico della band è di quelli che fanno davvero ben sperare per il futuro: la capacità di scrittura è sopra la media, ottime sono le armonie vocali, che rimandano al folk dei tardi anni ’60 e decisamente azzeccati risultano gli arrangiamenti.
Da segnalare la presenza di Anand Wilder e Ira Wolf Tuton (Yeasayer), ospiti vocali nel brano “Wrapped In A Page”.
Polvo@ ATP Curated By Explosions In The Sky-Minehead Smog@ Bronson-Madonna Dell’Albero Micah P. Hinson@ Soundlabs-Roseto Degli Abruzzi Explosions In The Sky @ Atp Curated By Explosions In The Sky-Minehead Silver Jews-Phosphorescent@ Atp Curated By Explosions In The Sky-Minehead
Danesi, puri come Michael Laudrup, eppure incazzati sul modello Christian Poulsen. Della schiera di chi ha amato (ed ama) certa Constellation, sapendo rendere emotivo tanto lo strazio quanto la ragione. Senza parole, si intende.
Jordan Geiger, cantante degli ottimi Minus Story e trombettista e tastierista degli Shearwater, ha scelto il titolo di una canzone dei Flaming Lips per farsi conoscere come artista solista e ha affidato alla piccola label di Chicago Graveface il proprio esordio sulla lunga distanza, intitolato “Oh, Ramona”.
Mixato da John Congleton (Explosions In The Sky, Modest Mouse, The Mountain Goats, The Polyphonic Spree) “Oh, Ramona” è un album indie pop a bassa fedeltà che si fa amare sin dalla sua prima nota ed è un acquisto imprescindibile per chi annovera i Neutral Milk Hotel fra i propri gruppi preferiti.