Il nuovo album, “Against Love“, uscirà il 22 Giugno. Meno di un mese e saranno in Italia (Hana-Bi, 16 Luglio). “Queen Of The Sun” anticipa tutto rimandando un pò al periodo “We Fight Til Death”.
Gli Scumbag Philosopher sono la nuova incarnazione musicale di Adam Green e Anne Reekie, già membri di Fiel Garvie e Fuck Dress (autori quest’ultimi due anni fa del brano Suburban Nietzsche Freak e del celebre ritornello “God is dead, so I listen to Radiohead”). Si presentano con un singolo (e relativo video) intitolato “Social Networking Site”. Il primo vero tormentone di questa primavera: “Add me – but I’m in the same room. Friend me – but I’m sat next to you“.
Libanese, ma inglese d’adozione, e protetta da Alan Weatherhead. Ha un suo perchè, come l’imminente Ep “A Song To The City“, che uscirà a luglio per One Flash Records
Persuasi da quasi ogni uscita Valeot Records, non siamo sorpresi dall’arrivo dei Milhaven nel roster della label austriaca. Strumentalità post rock, gusto eccellente, atteggiamenti cinematici e scrittura tanto evocativa quanto concreta. Arrivata ad un terzo album omonimo (i primi due usciti per 12rec.), la band tedesca si mette a metà via fra Explosions In The Sky e Do Make Say Think, trovando un equilibrio raro e convincente.
The Sadies, compagine canadese guidata dai fratelli Dallas e Travis Good – entrambi chitarristi, con la band completata dal bassista Sean Dean e dal batterista Mike Belitski – sono da sempre gruppo di culto ed una di quelle formazioni che si è soliti definire musicians’ musicians. Tanto per fare un esempio, qualche hanno fa, durante un’intervista, il bassista dei Black Mountain, alla consueta richiesta di elencarmi i suoi dischi preferiti mi rispose: tutto quello che hanno fatto i Sadies. Una delle tante dimostrazioni d’amore nei confronti di una band che solo a causa della sfortuna e della dispersività di questi tempi, ancora non è riuscita ad imporsi quanto meriterebbe. Ulteriore testimonianza di valore arriva da questo nuovo album, l’ottavo, intitolato Darker Circles. Con una durata da disco d’altri tempi – poco più di trentacinque minuti – ed un produttore di peso in consolle quale l’ex Jayhawk, Gary Louris, Darker Circles non potrebbe iniziare in modo migliore, con una canzone potente come Another Year Again – epocale garage-psych-rock, stracolma di fuzz guitars ed assoli acidi a contornare una memorabile melodia pop – perfetto apripista e pezzo capace di dettare il passo a tutto ciò che viene dopo. Che non è certo da meno! Cut Corners è un’ottima ballata dagli aromi sixties, impreziosita da uno schizzo chitarristico fulminante, Another Day Again espone un gran tiro ritmico, Tell Her What I Said col suo intreccio elettro-acustico ed il suo evocare territori di frontiera, se la potrebbe giocare con gli ultimi Calexico. In queste canzoni, senza dubbio inserite in una tradizione consolidata, a colpire non è solo la qualità strumentale notevole dei chitarristi e di tutta la band, la capacità di creare melodie solide o un songwriting spesso di livello altissimo; c’è anche il fatto che i Sadies sanno essere vari e fantasiosi nell’intrecciare cambi di tempo e suggestioni diverse, abili nel tratteggiare un mondo ed evocare il Mito con pochi, oculatissimi tocchi. Ed è così che The Quiet One è una ballata tutta d’atmosfera, che brani come Postcards o la bella Violet And Jeffrey Lee nel loro sballonzolare ritmico potrebbero ricordare i Byrds o i Love, e quindi una credibile mescolanza di folk, country e sottile psichedelia, che il jingle-jangle e l’alone rock di Whispering Circles siano R.E.M. sound meglio dei R.E.M. stessi o che un pezzo come Idle Tomorrows sia degno di Tom Petty, tra l’altro ricordato persino nella voce. Rimangono da citare giusto il folk acustico della vibrante Choosing To Fly e l’ottima chiusa strumentale di Ten More Songs, paradiso di twang guitars westernate, per un cinematico surf-garage d’altri tempi. Il disco esce per YepRok ed è distribuito in Italia da Audioglobe.
Esce in questi giorni il nuovo album di Ólafur Arnalds, genietto islandese di 23 anni già apprezzato per l’esordio del 2006 (“Eulogy For Evolution“, minimalismo pianistico graffiato da impeti orchestrali e scariche elettriche) seguito, poi, da alcuni Ep marchiati Erased Tapes.
“…And They Have Escaped The Weight Of Darkness” segue quelle coordinate destinate a trovare un ipotetico punto d’equilibrio fra classicismo moderno ed attitudine post rock, descritta con colori tenui ed andatura narcolettica. Affine, per alcuni aspetti, al compagno Peter Broderick, eppure non distante, come approccio, ad una sensibilità vicina a quella di Jimmy LaValle, magari trasfigurata nell’immaginario del Matthew Cooper griffato Eluvium. Qui apprezziamo. E molto.